Ripartire con un piglio differente

La crisi finirà. Le immagini ed i filmati delle città deserte rimarranno impresse nella nostra memoria come le epigrafi dei nostri nonni che sono morti durante questa pandemia. Questa crisi non la scorderemo.

Il nostro cervello è programmato per dare un significato al flusso di stimoli ed eventi che accadono mentre consumiano il tempo a nostra disposizione. Siamo inoltre in grado, attraverso il nostro pilota automatico, di smussare alcuni picchi emotivi legati a ricordi che non devono più affiorare con la forza prorompente della sofferenza. Siamo abili a rafforzare le menzogne dei ricordi passati per sostenere la storia della nostra vita, ma questa pandemia non sarà scordata facilmente.

Chi è nato a metà degli anni 70 ha potuto vivere ancora nel mondo ovattato del boom economico degli anni 80-90. Dalla nostra generazione ci si aspettava solo che si giocasse a pallone con gli amici o che ci si incontrasse con i coetanei al “muretto della scuola”. Niente lezioni di tennis, di violino o un’altra lingua straniera da studiare.

Il panorama odierno è mutato ancora e purtroppo il nostro pianeta funge sempre tristemente solo da sfondo coreografico al nostro smisurato egoismo. Siamo arrivati ad un punto di svolta ? Dovremmo prostarci davanti al faccione di “Greta” e dirle che aveva ragione ? È la fine del concetto di capitalismo così come lo definivano i nostri genitori ? Il sistema economico è pronto ad accogliere con favore dei sensibili adattamenti ? Le aziende, che sono l’humus della foresta chiamata tessuto economico, sono pronte a rispondere ad alcune di queste domande e ad affrontare la sfida ?

Siamo pronti a pianificare una ripartenza che utilizzi un modello di comportamento diverso, un modello di business più affine alle mutate necessità e magari anche più resiliente ?

Probabilmente sarà necessario riscrivere parte delle nostre storie che per le aziende altro non sono che i piani strategici. Bisognerà pensare a come il futuro potrà presentarsi e come le aziende vorranno creare valore in questo nuovo scenario.

Di conseguenza sarà stategico rivalutare quali siano le attività che ora occupano i posti più in alto nella scala delle priorità. La catena del valore dovrà essere rivista in funzione della nuova morfologia dei processi e dell’eventuale digitalizzazione (intelligente) degli stessi. Ad esempio il settore bancario sarà forzato a ripensare al modello di distrubuzione da adottare: quali attività si dovranno svolgere nelle agenzie ? Quali agenzie sarà necessario riaprire dopo la crisi ?

Un altro aspetto da considerare è legato alla capacità strategica del team di leadership che dovrà essere allineato e coeso per riscrivere una narrativa che permetta in modo semplice di presentare il nuovo modello operativo a tutta l’organizzazione e introdurre la nuova direzione da seguire. Gli investimenti e le nuove iniziative che permetteranno all’azienda di riposizionarsi saranno parte integrante del nuovo piano operativo, come pure la definizione di una roadmap cristallina che funga da metronomo per l’introduzione del nuovo atto.

Detto questo, per ripartire finalmente con un nuovo piglio ed evitare l’obsolescenza del modello operativo sarà auspicabile creare un team di lavoro dedicato a studiare tendenze e a riscrivere le regole del gioco del settore in cui l’azienda opera. L’abilità vitale in questa fase sarà quella di formare diversi team di progetto che svolgeranno attività eterogenee. Ad esempio un team continuerà a gestire la crisi operativa e ad implementare le attività urgenti finalizzate a ripristinare l’operatività. Un altro gruppo dovrebbe invece considerare delle nuove logiche di lavoro “Agile” che fungano da fondamenta per la creazione delle nuove generazioni di servizi che l’azienda vorrà portare sul mercato.

La crisi finirà. Ed è nostra responsabilità cambiare le regole del gioco.

Dumas scriveva alla fine del romanzo “Il conte di Montecristo”: Aspettare e Sperare. Il mondo è cambiato e la nuova massima è: “Agire e Cambiare”.